Intervento su Tuttoscuola
Nuove prospettive su povertà e deficit cognitivi da essa indotti
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Decreto scuola: prime osservazioni
Legge sull'omofobia: qualche riflessione
Il testo, relatore Ivan Scalfarotto del PD, fa riferimento alla cosiddetta legge Mancino n. 205 del 1993, che assicura tutela contro le discriminazioni motivate da condizioni razziali, etniche, nazionali o religiose, aggiungendo l'omofobia e la transfobia.
Le resistenze da parte del mondo cattolico, e di varie associazioni, riguardano il tema della libertà di espressione che potrebbe rendere reato ogni opinione espressa in pubblico o a scuola contro l’idea di gender, il sesso ancorato al dato biologico e il matrimonio gay. Molti notano che la proposta di legge non aggiunge nulla al rispetto che deve comunque essere portato agli omosessuali in quanto persone, che sarebbe già garantito dalle attuali norme penali.
Queste motivate critiche hanno condotto all'inserimento di emendamenti che
prevedono esplicitamente di escludere dai reati previsti la «libera espressione e la manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, e le condotte comunque conformi a leggi diverse dalla presente." Per questo il sub emendamento presentato da Scelta civica tutela la libertà di espressione nelle organizzazioni senza per questo dare immunità alla xenofobia.
Come si può osservare, intorno a questo provvedimento non si sta giocando uno stanco e ripetitivo conflitto tra laici e cattolici, separati da visioni antropologiche diverse. Lo dimostra ad esempio la lettera del 9 agosto al giornale Avvenire di ventisei parlamentari di PD e Scelta Civica che segnala come la presenza cattolica in tutti i partiti della maggioranza sia in grado di contribuire fattivamente a ricercare soluzioni legislative equilibrate e rispettose delle diverse sensibilità presenti nel Paese. Anziché cattolici intransigenti, in atteggiamento di contrapposizione, o cattolici anonimi, individualmente irrilevanti, emerge la posizione di cristiani esigenti e per questo capaci di reclamare soluzioni nuove superando laicismi e clericalismi.
Si potrebbe legittimamente affermare che la condanna del l'omofobia sia una tappa nella storia dei diritti umani, dal 1776 al 1948, e dell'affermarsi dell'empatia, di come il "sentire con l'altro" ci fa accorgere della sofferenza altrui e porta a non sopportare il dolore degli altri esseri umani. Le neuroscienze, con la scoperta dei neuroni specchio, hanno spiegato tali naturali risonanze emotive. Ciò non significa certo che l'uomo sia naturalmente buono; la storia di guerre e genocidi e la faticosa affermazione dei diritti umani, negati ogni giorno, lo dimostra.
L'allargamento della famiglia dei diritti ha condotto a difenderli attraverso il diritto. La legge in questione porta a considerare come le discriminazioni verso le persone omosessuali siano da stigmatizzare proprio in quanto espressione di pensiero prevenuto, paura di ciò che noi stessi rendiamo estraneo o nemico. Certo, non sarebbe necessario proteggere con una specifica normativa ciò che è già affermato nell'art.3 della nostra Costituzione. Si potrebbe dire che non è necessaria un'aggravante. Tuttavia, proprio la faticosa affermazione di tale diritto necessita di un riconoscimento particolare se, appunto, gettiamo uno sguardo storico sulla difficile affermazione nella storia dello spirito di fraternità tra le persone anziché di odio.
Occorre essere fermi quindi nel ribadire il principio dell'uguaglianza e di non discriminazione condannando le condotte fondate sulla omofobia, accanto al razzismo, antisemitismo, islamofobia, antigitanismo. Seppure diverse tra loro, è comunque opportuno che questa pericolosa costellazione venga affrontata insieme e combattuta non solo con gli strumenti della legge, ma con quelli culturali, che educano al rispetto e alla comprensione della complessità. Per lo stesso motivo va difeso, accanto al principio di rispetto delle persone omosessuali, anche la libertà d'opinione, evitando ogni rischio di ideologia o di irrigidimento, o un eccesso di normazione, di iper- penalizzazione della società.
C'è chi teme, infatti, con qualche ragione, che il sovrapporsi di richieste di diritti sia una sorta di piano inclinato che conduce ad una inflazione di diritti individuali, a volte in conflitto con quelli collettivi .
L'alterità e le differenze hanno portato, nella storia, a creare disuguaglianze sociali. Il colore della pelle, il sesso, le caratteristiche fisiche, la diversità di lingua o cultura hanno rappresentato un motivo per mettere in gerarchia le persone, i gruppi, i popoli.
Oggi, contestando la disuguaglianza e la discriminazione, si è consapevoli che la cultura ha creato ruoli che servono a giustificare la subalternità ma che, allo stesso tempo, ciò non significa neutralizzare la differenza sessuale o negarla.
Forse dovremmo con più umiltà imparare ad articolare meglio ciò che è naturale e ciò che è culturale evitando sia di sacralizzare la natura sia di credere che tutto sia una costruzione culturale.
Se vogliamo vincere insieme la cultura del disprezzo occorre evitare ogni riduzionismo. Non è eliminando la differenza, anche sessuale, che combatteremo le disuguaglianze.
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