Con la Convenzione che intendiamo ratificare l’Europa dei diritti – e non solo dei doveri – attua una strategia globaledi prevenzione della violenza contro le donne e di protezione delle vittime in tutti gli Stati membri.
1 La violenza contro le donne è infatti un fenomeno universale che, anche se aggravato dalla povertà, è presente in tutte le classi sociali e in tutte le culture. E’ a livello globale che dobbiamo trovare insieme le cause dei fenomeni, risposte coordinate ai problemi, scambiare le buone pratiche.
Scelta Civica dichiara il suo voto favorevole alla ratifica della Convenzione che presenta un quadro completo delle azioni chiave nell’architettura dei diritti: prevenire, proteggere e perseguire penalmente, a cui aggiungerei promuovereazioni positive di cambiamento sociale.
Le condotte descritte nel testo appaiono già, in gran parte, sanzionate dal nostro codice penale. Tuttavia occorre ricordare come ci sia bisogno una più vasta assunzione di responsabilità a diversi livelli a cominciare dagli stessi Stati (art. 5), sottolineando anche il legame esistente tra la violenza domestica verso le donne e il maltrattamento verso i bambini vittime essi stessi non meno delle madri.
2 Tuttavia, la grave questione della violenza emersa anche nell’allarmante numero di delitti che colpiscono l’opinione pubblica non può essere affrontata solo con gli strumenti della tutela penale bensì affrontando la dimensione culturale collettiva del fenomeno, quella che chiamerei l’umiliazione a cui spesso le donne sono abituate o che hanno rinunciato a denunciare, in società che la considerano normale o giustificata.
E’ anche e soprattutto su questa sfera della mentalità che la Convenzione presenta una strategia politica.
La violenza crea non solo paura, ma anche vergogna nella vittima, come emerge chiaramente dalla riluttanza a denunciare i delitti e la resistenza delle donne a separarsi dapartners violenti. La reticenza delle donne non giustifica però l’inerzia nel difenderle. Una severa e rigorosa tutela nel loro diritto di denuncia anche quando vengono dissuase non dovrebbe peraltro escludere, come sembra fare l’art.48, la possibilità di ricorrere a metodi alternativi di risoluzione dei conflitti, tra cui la mediazione e la conciliazione.
La vergogna nel portare alla luce la violenza tanto meno giustifica il ritardo degli educatori nell’intervenire a sostegno delle adolescenti colpite da comportamenti aggressivi dei coetanei diffusi sui social network. Spesso si arriva troppo tardi, come nel caso di Carolina, l’adolescente suicida a Novara qualche mese fa, dopo una diffamazione aggressiva sul web da parte di ragazzi che frequentava.
Per questo saremmo incauti se pensassimo che l’art. 12 della Convenzione non riguardasse anche l’Italia. “Le Parti vigilano affinché la cultura, gli usi e i costumi, la religione, la tradizione o il cosiddetto "onore" non possano essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza”.
Conosciamo il lungo percorso che ha portato ad abrogare solo nel 1981 il delitto d’onore, codice che permane nel profondo della psiche collettiva e che oggi troviamo intrecciato con un non-amore malato per cui l’uomo non sopporta l’autonomia della donna, interpretata come un rifiuto della sua dignità virile oltre che come una insopportabile separazione o con l’idea che la violenza disonora l’uomo cui la donna “appartiene” perché lede il suo prestigio agli occhi degli altri uomini.
Tali codici d’onore, va sottolineato. non hanno nulla a che fare con l’idea di dignità cristiana della persona e occorrerebbe discutere anche sul rapporto tra tradizioni arcaiche locali (mutilazioni genitali ad esempio) e la genuina fede islamica.
3 Quotidianamente la violenza assume anche altre forme: l’umiliazione delle molestie, delle piccole e grandi violenze domestiche, delle prevaricazioni sul lavoro e delle disuguaglianze nella retribuzione e nella carriera. In questo tessuto discriminatorio o al massimo paternalista, cresce la subalternità femminile.
La Carta dei diritti di Nizza sulla parità nell’occupazione, nel lavoro, nella retribuzione fornisce il quadro in cui collocare politiche che non possono basarsi sulla repressione o sulla ricerca del capro espiatorio specie straniero quando le cause si trovano nella cultura dell’insensibilità verso le donne di padri, mariti, figli, compagni ( circa il 70% di tutte le donne nei vari paesi sono uccise da un partner domestico mentre solo il 6% degli uomini. La violenza per l’uomo è fuori, per la donna è dentro casa).
4 L’accento posto dalla Convenzione sulla donna “in quanto tale” non separa, non isola la questione femminile dalle altre forme di discriminazione, anzi dà ad essa particolare rilievo nell’ambito di quanto affermato dall’art.3 della nostra Costituzione:
Art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Anche questo motivo, cioè per richiamarsi al concetto di dignità sociale ed uguaglianza dei cittadini, oltre che per ilfatto che alcune definizioni presentano profili di criticità con l’impianto costituzionale italiano, è stato da noi chiesto di riprendere, nella formulazione del testo, il richiamo ai principi costituzionali italiani.
Sessismo, razzismo, classismo e tutte le forme di intolleranza vanno combattute insieme, come diversi volti di uno stesso odio verso l’altro. La donna è spesso questo altro, ancora più fragile fisicamente, giuridicamente e socialmente.
Lo sfruttamento della sua immagine sui mass media contribuisce a volte a creare un vero e
proprio incitamento alla violenza nella misura in cui rende oggetto il corpo che si può comprare e vendere. Non assolve chi utilizza il corpo femminile in questo modo agli occhi dell’opinione pubblica il fatto che le nostre ragazze più giovani siano assuefatte e complici spesso di questo sfruttamento.
5 Ai principi contenuti nel testo occorre affiancare quindi misure concrete di prosecuzione o di innovazione degli interventi.
Nelle Raccomandazioni del Rapporto della SpecialRapporteur dell’ONU Rashida Manjoo a seguito della sua missione in Italia (15–26 gennaio 2012) si legge:
Sono stati fatti sforzi da parte del Governo (…). Ma questi risultati non hanno portato ad una diminuzione del tasso difemminicidi né si sono tradotti in un reale miglioramentodella vita di molte donne e bambine, in particolare delle donne Rom e Sinti, delle donne migranti e delle donne affette da disabilità.
La Convenzione, come si è detto, impegna le Parti non solo ad adottare le misure legislative per prevenire la violenza, ma anche alla promozione di interventi.
Ne citerei in particolare quattro da raccomandare:
-Una mirata sensibilizzazione e nuovi programmi per formare adeguatamente gli operatori del settore che gestiscono i servizi di ascolto e di aiuto, le forze dell’ordine, gli insegnanti, creando una sensibilità competente nell’affrontare fenomeni così complessi.
-Una tutela particolare per le donne Rom e sinte, immigrate e richiedenti asilo. Ciò significa ricordare gli abusi e maltrattamenti a cui sono sottoposte non solo in ambito domestico o del gruppo ma a volte purtroppo anche da parte delle stesse istituzioni che dovrebbero proteggerle, per esempio in occasione degli sgomberi o delle operazioni di ordine pubblico, sottolineando che nei tre Centri di identificazione e espulsione italiani che hanno un’area femminile vi è una presenza consistente di potenziali vittime di tratta a scopo di prostituzione. L’Italia non ha ancora recepito la Direttiva europea 136/2011 contro la tratta, pur essendo il paese con il maggior numero di vittime (quasi 30.000 le persone trafficate, per il 90% donne straniere).
-Il mantenimento e potenziamento dei servizi per le donne vittime di stalking, le strutture di accoglienza per le donne ridotte in schiavitù e le linee telefoniche di soccorso, anche in partnership pubblico-privato.
-Iniziative innovative su cui intendiamo impegnarci, come Scelta civica, per contrastare le nuove forme di diffusione della violenza, come il sessismo in rete su cui la Presidente della Camera ha attirato l’attenzione, o il cyber bullismo nei confronti delle adolescenti, responsabilizzando chi naviga in rete e introducendo nei social network figure di mediazione. Nelle nuove piazze dove si usa l’arma dell’offesa va ricostruita una cultura del rispetto.